Il cappio penzolava attaccato al lampadario. Sotto d'esso c'era una
sedia e ad un metro di distanza c'era un letto, dove era seduto Ken che
stava sfregandosi le mani nervosamente. I suoi pensieri andavano alla velocità
della luce e si potevano riassumere in: si, no, si, no, lo faccio, non
lo faccio…
Una mosca volava nella stanza lercia e puzzolente, passò attraverso
la corda e andò a posarsi su una pianta di cactus in fiore. Era
di un bel colore rosso-rosa e stonava con l'ambiente circostante che era
nero-marrone impregnato di morte.
Ken era un tipo di 24 anni, il motivo della sua voglia di suicidio
era così convenzionale da essere banale: la ragazza lo aveva lasciato.
Ma probabilmente non era solo questo. Aveva avuto un'infanzia molto infelice.
Era nato fisicamente da una madre e da un padre come tutti noi, ma
affettivamente queste due persone non c'erano. Sua madre era una puttana
di Long "Red" Road e il padre poteva essere uno dei tanti clienti. Ovviamente
l'arrivo di un figlio per una professionista di questo genere era assai
una rottura. Non aveva potuto abortire perché, a furia di guadagnarsi
soldi col lavoro, non si era accorta di aver messo su chili ed era andata
a farsi visitare troppo tardi. La nascita di Ken aveva rovinato molti contratti
d'affari per Marie e quando la creatura uscì dal suo corpo non si
fece problemi a gettarla in un container senza nemmeno degnarsi di ucciderla.
Ken fu ritrovato da un barbone in cerca di cibo. Appena lo vide rimase
sconvolto. Quando dopo un'ora riuscì a fare circolare di nuovo le
cellule cerebrali alcoliche, prese il bimbo e lo portò all'ufficio
degli oggetti smarriti, dove l'addetta lo insultò e lo fece sbattere
fuori a calci dal proprietario. Il barbone decise di tenere con se quel
bambino. Lo trattò bene, anche perché con in mano un dolce
pargoletto era più facile raccogliere fondi per le sacre bevute
di whisky.
Passarono due anni o tre. (non lo so di preciso, e poi a cosa interessa
sapere le date esatte della vita di una nullità come Ken?). Il barbone
morì, overdose d'alcolici. Il bimbo piangente girò per la
città finché un poliziotto non lo vide e lo portò
in centrale. Ci fu una piccola indagine per scoprire i genitori, ma dopo
una qualche settimana fu mandato in un orfanotrofio.
Rispetto a ciò che si vede nei film o nei libri, l'orfanotrofio
per Ken non fu un luogo cattivo, malefico da cui bisognava scappare, anzi
era forse l'unica parte della sua vita che aveva avuto un po' di felicità.
A cinque anni circa, una coppia di fanatici religiosi, (erano i sacerdoti
di una setta), adottarono Ken. Questi due non potevano avere figli per
motivi organici di cui non mi sono interessato, e avevano bisogno di un
bambino da proporre come la nuova incarnazione del figlio di Dio. Fu così
che il bambino da barbone divenne figlio di Dio. Era una fase un po' strana
della sua vita. Ogni domenica era messo su una specie di trono ed era servito
dagli adepti che gli offrivano preghiere e doni materiali: cibo. Questi
religiosi chiedevano a questa finta reincarnazione di tutto. In pratica
il bambinetto di cinque anni si sentiva dire: voglio trovarmi una bella
donna con cui posso esprimere le mie pratiche sessuali, voglio che tu mi
guarisca dall'impotenza, voglio che mio marito muoia. E tante altre richieste
che solo dei pazzi possono chiedere ad una divinità. Ken restava
ad ascoltare e anche se probabilmente non capiva cosa diceva la gente,
le parole gli entravano in testa.
La faccenda continuò di questo passo per otto anni. All'età
13, per Ken cominciarono i riti a sfondo sessuale. Succedeva di tutto,
non sto a spiegare i particolari altrimenti non trovo un editore che mi
pubblica la storia. In ogni caso, per darvi un'idea, basta che guardaite
qualche film di Pasolini e avrete l'orrore di scoprire che cosa visse Ken
dai 13 ai 17 anni. Poi arrivò la polizia, qualcuno della setta che
era stato scioccato dal declino che avevano preso le pratiche religiose
aveva parlato, e tutti furono messi in prigione.
Ken fu mandato in riformatorio, restò lì per qualche
anno e fu rimesso in libertà con un lavoro da meccanico. Inutile
dire che nell'officina dove lavorava c'era un datore dittatore che maltrattava
i giovani apprendisti.
Arriviamo ai ventunanni. Colpo di scena: felicità back in action!
Trovò una dolce ragazza che lo salvò dal male che lo circondava.
Ken lasciò il lavoro e andò in una ditta di metalmeccanica.
Iniziò a vivere con Katrine e passò tre anni della sua
vita mega felici in cui si dimenticò degli orrori passati. Naturalmente
non aveva mai raccontato del suo passato a Kat. E quando i due fecero per
la prima volta l'amore e lei disse che era vergine, lui rispose che lo
era altrettanto. Be…, non si può dire che avesse mentito, in quanto
era la prima volta che lo faceva per amore.
Ma come sempre nella vita i momenti di felicità hanno un termine.
In questo caso la colpa era della mamma. Si proprio la troia, quella che
aveva gettato il bimbo. Non si saprà mai come, ma quella … (hmm,
non riesco neanche a trovare un termine per insultarla visto che quello
che volevo metterci è il suo lavoro.) venne a scoprire che il figlio
era sopravvissuto al container e che era vivo e vegeto. Lei oramai era
vecchia, e perciò i clienti scarseggiavano, scoprì che aveva
un figlio che era possibilmente vivo, e disse tra se e se. "Magari posso
trovare un po' di compagnia per passare la vecchiaia".
Allora questa megera si presenta in casa di Ken e Kat. Lui non c'è
e perciò si mette a parlare con la ragazza, e le racconta tutto
ciò che aveva scoperto di suo figlio. (aveva scoperto tutto, pure
le schifezze religiose). Kat a momenti si prese un colpo, ma essendo sana
e con un cuore forte si svegliò dallo shock e scappò da quella
casa. La madre pensando che suo figlio sarebbe stato leggermente incazzato
per questo fatto pensò di non farsi più rivedere.
Fu così che Ken si ritrovò completamente solo senza sapere
come mai. La casa che prima era carina ed accogliente si trasformò
in un porcile e l'unico segno della presenza della ragazza era il piccolo
cactus in fiore che Ken stava guardando strofinandosi le mani nervosamente.
La mosca si alzò in volo e uscì dalla finestra.
La mente di Ken continuava a creare domande: si, no, ecc, ecc.
Si suicidò?
Bah, non lo so, e sinceramente non me ne frega niente, comunque se
vuole fare una stupidata del genere, s'arrangi. Forse non ha tutti i torti.