Ninfe

Carlo era sempre stato un ragazzo un po’ strano. Andava in giro sempre da solo ed aveva pochi amici. Gli piaceva girare per i boschi e visitare i suoi posti segreti. Quando l’ho conosciuto ho pensato che fosse veramente uno svitato. Incredibile le cose che raccontava. La prima volta che l’ho visto era assieme a Michela, la mia tipa. Da principio sono rimasto scioccato perché pensavo che lei mi avesse lasciato per andare con quell’essere, ma poi mi sono accorto che era Carlo e mi sono detto: -Impossibile che quel coso si metta assieme ad una tipa-. Sapevo che Michy conosceva quel tizio, ogni tanto mi diceva che lo trovava un ragazzo dolce e sensibile con cui era bello parlare, ma non sapevo che andassero pure in giro assieme. Sono io il suo ragazzo dopotutto. Comunque quel giorno me lo presentò, e sinceramente non so come possa essere bello parlare con lui. Per il resto del pomeriggio, in cui siamo andati in giro assieme, non ha scucito la bocca. Alla sera Michy mi aveva spiegato che in quei giorni Carlo stava passando un brutto periodo perché i suoi non andavano tanto d’accordo, così quel pomeriggio era andata in giro con lui. La faccenda non mi era piaciuta, perché odio che la mia tipa giri con altri.
Il peggio di quell’incontro è che dopo una settimana arriva qui Carlo. Io mi stavo fumando la mia paglia aspettando i compagni e mi vedo arrivare quello sfigato che mi sussurra all’orecchio:
-Le ninfe hanno bisogno del nostro aiuto.-
E poi cosa fa quel coso? Vi rendete conto? Mi ha abbracciato, cazzo, sembravamo due froci. Così l’ho spinto via insultandolo. E lui si allontana piangendo dicendo a bassa voce:
-Aiutiamole, aiutiamole-.
Fiuh..., che storia, per fortuna nessuno aveva visto la scena. Però c’era stato qualcosa di strano, avevo sentito la sua paura, ma che cavolo avrà avuto nella testa? Ho pure pensato che facesse uso di droghe anche se non sembrava il tipo. La sera stessa ho parlato con Michy dell’episodio, lei mi ha spiegato che le ninfe erano delle specie di fate che Carlo adorava e che andava a trovare nei boschi.
Si…, nei boschi quello lì si faceva di brutto e per forza che poi vedeva degli esseri magici. Lei mi assicurò però che Carlo non prendeva nessuno stupefacente, e io per renderla felice le ho detto che le credevo. Se non le avessi creduto mi avrebbe fatto saltare la testa con i suoi discorsi. Ogni tanto è meglio zittire le ragazze perché quando iniziano a parlare rompono.
Dopo qualche giorno ecco che lo sballato ritorna da me.
-Seguimi ti prego-, queste le sue testuali parole e questa la mia testuale replica:
-Si certo, l’altra volta mi abbracci e addesso? Cos’è vuoi incularmi?-
Hà!, bellissima la sua faccia, ha avuto un’espressione da cane bastonato che in circostanze normali mi avrebbe fatto morire dal ridere ma quella volta non l’ho fatto, chissà perché? Abbassò la testa, gli occhi erano lucidi e con un filo di voce disse che non era frocio. Non so cosa mi é capitato ma gli ho messo una mano sulla spalla e gli ho chiesto scusa.
Io che chiedo scusa?
Si lo so, non é da me, ma devo ammettere che quel tipo era strano un sacco. E per di più gli ho detto che lo seguivo.
Mi porta in un bosco, intanto io mi tengo sull’attenti perché non si sa mai cosa può saltare in mente ad un frocio drogato che vede delle ninfe. In mezzo al bosco si ferma e mi fa:
-Ora ti porto al lago delle ninfe, tu però non devi rivelare a nessuno dov’è, d’accordo?-
-Ok, ma sbrigati voglio tornare in fretta- Intanto speravo che, se lui avesse tirato fuori una canna per vedere sto lago, mi avrebbe fatto fare un tiro anche a me.
Camminammo ancora per un po’ finché sussurrò: -Eccoci-.
Come c’era d’aspettarselo non c’era niente, solo una specie di conca nel bosco. Noi eravamo sulla cima e guardavamo verso il basso, dove doveva esserci il laghetto.
Ma acqua? Niente.
Solo foglie secche. Io stavo già per andarmene quando quello come l’altra volta vuole abbracciarmi.
Culatone bastardo lo sapevo che era tutta una finta per saltarmi addosso. Lo scaraventai giù per la scoscesa, e me ne andai, almeno volevo andarmene, perché quel coglione mi raggiunge e mi butta giù per la conca. Rotolai giù come un sasso. Ed ad un tratto, splash, mi ritrovo in un laghetto contornato da dolci fanciulle nude che volano sopra l’acqua. Erano dei grandissimi tocchi di figa, ma impossibile ma vero, non ho pensato al sesso neanche per un istante. Erano lì, cinque, bellisime ma avevano un’espressione triste, come se avessero passato dei brutti momenti. Carlo mi raggiunse in acqua mi prese le mani.
-Lo faccio solamente per loro- e mi baciò sulla bocca.

Intermezzo di chiarimento!!!
NON SONO GAY! Grazie.

Le ninfe ci circondarono ed entrarono in noi, non ho mai sentito un tale male, sentivo fitte dappertutto lacerazioni, urla di dolore e morte.
Dopo questo tutto era scomparso. C’eravamo solamente noi due in mezzo alla conca bagnati. Ci staccammo, per fortuna, e Carlo chiese scusa. Io ero scioccato, e mi sentivo diverso.
-Sto diventando Gay?-
-No, nessuno di noi due lo è- la voce di Carlo era calmissima e dolce.
-Per fortuna, piuttosto d’essere frocio mi sparo. Ma mi spieghi cos’è successo.-
-Loro hanno bisogno del nostro aiuto, e mi hanno chiesto di agire in questo modo.-
-Uau, non potevano chiederti di chiamare una ragazza almeno ci godevi a baciarla.-
-Le ninfe non si riescono a capire completamente.-
-E adesso dove sono?-
-Dentro di te credo-
-Carino, non mi è mai capitato di farmi una tipa in questo modo. Cosa me ne faccio di questi esseri?-
-Non lo so-
-Sei grande amico. Bah, io me ne vado a casa-
-Ascolta le ninfe- Carlo mi fermò tirandomi per la giacca -fa quello che ti dicono di fare.-
-Se ne avrò voglia.- lo lasciai e me ne tornai a casa ripensando a quello strano episodio.
Lui rimase lì nella conca, e quando raggiunsi la cima mi girai e Carlo era nel laghetto a giocare con l’acqua. Cos’era quel posto lì?
Sentì Michy quella sera e le dissi che ho conosciuto meglio Carlo ma non le raccontai la storia del bosco. Non avevo ancora deciso come accettarla, come viverla e soprattutto che significato dargli.
Ero solo sul letto, e mia sorella entrò in camera senza bussare. Avrei dovuto scazzarmi ma non l’ho fatto. Si siede sul letto e mi prende la mano.
-Ti ricordi di Gigo?-
Gigo, era da tanto tempo che non pensavo più a lui. Era un povero andicappato che viveva nel parco della città. Mi ricordo che per qualche anno avevo giocato con lui, era la persona più dolce che conoscevo, forse come carattere era un po’ simile a Carlo. Soprattutto però ricordo la sua fine e quello che essa rappresenta per mia sorella.
Era successo dieci anni fa, io a quei tempi non andavo più al parco ma gironzolavo per la città con dei soci con cui avevo iniziato a bere ed a fumare. Invece mia sorella andava ancora a giocare con Gigo. Solo che poi lui è cambiato, la polizia lo ha scoperto mentre stuprava una ragazzina e poi ha rapito Mina, mia sorella.
Lei lo ha visto morire e credo che è per questo che è una ragazza strana anche se molto matura. Mi ricordo quanto ha pianto per la sua morte, continuava a dire che non l’aveva rapita, e che non era stato Gigo ad uccidere la ragazza. Poverina deve essere stato uno shock grandissimo, ma quello che non capisco è come mai dopo dieci anni, dopo averlo praticamente dimenticato, arriva da me a ricordarmelo.
-Lui mi vuole ancora bene- disse lei -Sta assieme alle cinque ragazze uccise, però sono tristi perché tutti incolpano lui.-
-La colpa é sua Mina, da quando é morto non ci sono più stupri ad Asciba- Infatti dopo l’uccisione del ritardato la città entrò in un periodo di felicità dove i crimini erano praticamente nulli. Era ovvio che Gigo era colpevole sia degli stupri, che d’altri crimini successi prima della sua morte.
-Perché non mi credete, non é stato lui, io ho visto chi é stato!- Mina si mise a piangere, mi alzai mi sedetti vicino e le passai un braccio attorno al collo, lei appoggiò la testa sul mio petto e continuò a piangere. Lei continuava a dire di sapere chi era l’assassino, ma anche allora non si ricordava chi era stato.
Quella deve essere stata la prima volta che ho abbracciato mia sorella. Almena da quando sono capace di volere ed intendere. Abbiamo sempre litigato, e non mi ricordo di aver scambiato più di un centinaio di parole con lei, c’era un odio fra noi che andava oltre a certe inemicizie che si creano tra certi fratelli.
Una volta che si tranquillizzò cercai d’iniziare un discorso ma l’unica parola che mi passò sulle labbra fu il suo nome.
-Mina?-
-Perché non mi ricordo la sua faccia? Voglio trovare il colpevole- disse lei asciugandosi le lacrime.
Mio padre entrò in camera, pure lui senza bussare, chiedendo cos’erano questi piangistei. Io gli dico che Mina si è ricordata di Gigo. È stata un po’ strana la sua reazione, quella di mio padre intendo. Ha fatto come un passo indietro, ha detto che quello era stato un brutto momento per tutti e che era meglio dimenticare le cose brutte.
La giornata terminò senza ulteriori colpi di scena e pure il mese seguente non successe niente.
Ok facciamo un punto della situazione, io mi ritrovo con delle ninfe in corpo, di cui non so cosa farmene, ho una sorella che si é ricordata di uno shock passato, ed ho un amico nuovo con cui oramai passo quasi tutto il mio tempo. La mia vita è cambiata molto da quel giorno lì, mi sento veramente diverso non so perché ma é così. Vedo la vita in modo diverso, non riesco più a volere del male, mi sento stupido solo a pensare che qualche mese fa ero razzista, odiavo i diversi e non mi accorgevo che le persone erano tutte uguali. Tutte vivevano per amare.
Anche Michy dice che sono cambiato, ed è molto contenta, mi ama ancora di più e io non le ho ancora raccontato cosa é successo con Carlo e credo che neanche lui glielo abbia raccontato. Anch’io adesso la amo, come persona e non più solamente perché è una donna con cui posso fare del sesso. Ora tra di noi hanno preso importanza gli abbracci, le coccole, e delle lunghe chiaccherate che ci aiutano a conoscerci meglio e ad amarci sempre più.
Per un mese non era successo niente, poi è venuta la malattia. Delle fitte incredibili ed inspiegabili. Ho fatto tutti i test medici possibili ma il risultato è che sono sanissimo. (fumare fa male è l’unico consiglio che mi hanno dato). Non dormo la notte dal dolore, e l’unica cosa che mi viene in mente sono le ninfe, ed il dolore è lo stesso di quando sono entrate in me.
Inoltre c’è stato un nuovo stupro. Asciba dopo dieci anni dall’orrore di Gigo è di nuovo assediata dal male. Chi sarà stavolta? Mina è finita in clinica perché, quando ha saputo quello che era successo, ha continuato a dire che Gigo era innocente e che lei sapeva chi era stato. Era convinta che le persone avrebbero incolpato dinuovo il suo amico anche se era morto. Non capisco l’attaccamento di Mina a quel ritardato. Possibile che una persona così dolce sia la colpa di tutti i crimini capitati in questa città? Gigo era colpevole? Cosa sa veramente mia sorella?
Mi fa malissimo il cuore, sia fisicamente per le fitte, sia perché mi dispiace vedere Mina rinchiusa. Carlo non si è fatto vivo a scuola negli ultimi giorni e non riesco neanche a beccarlo via telefono. Michy mi ha lasciato dicendomi di non amarmi più, così, da un giorno all’altro. Ora che la amavo veramente, lei mi lascia spaccandomi il cuore.
In che razza di mondo sono caduto? Dopo un mese in cui mi sentivo in pace con me e con gli altri mi sembra che tutto crolli. Nuvole scure sono nel cielo e l’autunno è iniziato e oramai sta arrivando l’inverno. Ma il peggiore autunno scuro è quello che c’é nel mio cuore. Credo che le ninfe vogliano uscire e hanno qualcosa di brutto da raccontare.
Mia sorella è scappata dal manicomio. Come? Non lo so, la stanno cercando e sinceramente spero che non la trovino, essere rinchiusi per una persona che ama amare come Mina è una tortura.
1 novembre: I dolori se ne sono andati come sono arrivati: Improvvisamente. La sera le ninfe sono uscite da me, mi hanno guardato. Sono degli esseri angelici ma hanno in loro un gran dolore, i loro occhi sembrano sempre piangenti. Quattro ninfe sono andate via una è rimasta. È quella più carina, credo che abbia letto il dolore nel mio cuore. Loro non parlano. Sono i loro gesti, le loro espressioni, che ti fanno intuire cosa vogliono dire. Mi accarezza il volto. Sembra sola anche lei. Credo di amarla. Gli occhi blu mi penetrano, mi raccontano più di quanto ogni sillaba del mondo possa narrare, mi bruciano il cuore e mi fanno sentire più felice. Solo che la sua tristezza dice che lei non ha avuto la possibilità di esserlo. So che è solo un sogno ma io la amo e le dono il poco di felicità che c’è in me.
2 novembre: Quello che è successo ieri sera è incredibile e mi ha ridato la voglia di risalire dal baratro in cui ero caduto. Dopo aver fatto l’amore con la ninfa lei mi ha lasciato, ma non perché non mi amava più, ma solamente perché siamo esseri di due mondi differenti, venuti a contatto solamente per aiutarci a vicenda. Prima di scomparire ha detto solamente una parola: GRAZIE.
La voce era bellissima, non me la dimenticherò mai.
È passata una settimana, Carlo è passato da me una volta e mi ha raccontato che ha rivisto le ninfe, mi ha detto che sono un po’ felici perché io avevo salvato una di loro.
-Cosa significa salvato?-
-Non lo so, so solo che quella dagli occhi azzurri non c’è più-
-Allora sono rimaste in quattro?-
-No, sono ancora in cinque c’è n’è una nuova-
Mi chiedo cosa avessero fatto per tutto quel tempo cinque ninfe nel mio corpo se poi solo una si è salvata. Forse avevo solo poca felicità da donare e questa bastava solamente per una. Boh. Cosa farà Carlo adesso? Cerchera un altro che le possa rendere felici? Non mi va di chiederlo. Ma sento come se la mia missione non é finita qui. Stasera andrò al lago.
23 novembre.
Sono vivo!
Com’è bello poterlo dire, tutto intorno può essere un inferno ma se puoi dire che sei vivo sai che dentro di te c’è un paradiso.
La sera in cui sono andato al lago, ho incontrato Mina. Si era nascosta nella grotta in cui l’aveva rapita Gigo. Come ha fatto a sopravvivere? Lei dice che c’era una ninfa che la aiutava. Le portava da mangiare e di notte quando faceva freddo si scaldavano a vicenda. Non posso spiegarvi la gioa di aver ritrovato Mina, e soprattutto ero contento che anche lei condividesse la gioia di conoscere le ninfe. Siamo andati insieme al laghetto. Arrivati sulla conca, potevamo vedere subito il lago, ora le ninfe erano nostre amiche e si fidavano di noi. Forse per vederle basta credere in loro.
C’era Carlo, era lì con loro. Ci chiamò e noi lo raggiungemmo. Sembrava che gli esseri magici fossero quasi felici di vederci. Mentre ci avvicinavamo Mina continuava a fissare Carlo. Poi si fermò e sussurrò:
-È Gigo- e gli corse incontro abbracciandolo.
Carlo rimase sorpreso.
Mina vedeva in Carlo una specie di reincarnazione di Gigo. Lui però non si sentiva per niente reincarnato, però credo che sapeva che Mina sarebbe diventata la sua ragazza alla fine della storia e io sentivo che eravamo tutti e tre uniti in un mistero che apparteneva solo a noi.
Quella sera la passammo a giocare nel lago, come dei bambini piccoli che si divertono a battere le mani sul pelo d’acqua per vederlo spruzzare. L’oscurità che si era abbattuta sulla nostra città negli scorsi mesi non ci toccava, il lago era il luogo dove noi riuscivamo ad essere felici anche nella tristezza. Mi misi perfino a pensare che quel posto fosse una concentrazione del bene, che non sarebbe mai stato cancellato. Lì eravamo al sicuro, e lì saremmo potuti andare ogni volta che la depressione ed i problemi ci avrebbero annebbiato la vita. Questo è quello che pensavo in quel momento, ma in un punto mi sbagliavo:
il male è più potente.
D’un tratto la luna che ci rischiarava scomparve, e fumo rosso ci circondò. Si alzò dal nulla pian pianino e ce n’accorgemmo solo quando le ninfe piene di terrore si strinsero a noi.
Il fumo voleva attaccarci, ma l’acqua gli impediva d’avanzare. Lì eravamo al sicuro, n’ero sempre convinto fino a quando il liquido non cominciò a rosseggiare e ad essere assorbito dal terreno. Alla fine ci ritrovammo in fondo alla conca con il terreno coperto di sangue e il fumo rosso che stava per soffocarci. Ma non era noi che attaccava, ma le ninfe che morivano, smettevano di volare, toccavano terra, venivano lacerate e poi sprofondavano nel terreno lasciando solo tracce di sangue.
I dolori iniziarono più forti che mai, sembravano delle pugnalate. Il fumo scomparve ed io ero in quella conca a dimenarmi come un matto mentre i miei amici mi dicevano di calmarmi. Poi senti un taglio alla gola. I dolori terminarono.
Un uomo scuro era in cima alla scoscesa, teneva una ragazza in braccio, decapitata. Ci lanciò addosso la testa, io la presi.
-È lui l’assassino- Gridò Mina prima di svenire.
Carlo era pietrificato.
Io guardai la massa calda che tenevo in mano. Era Michy.
Il mondo s’oscurò, e mentre cadevo l’uomo nero disse: -Lei sarà la prossima-.
Fui ricoverato in ospedale assieme a mia sorella. Io non capivo niente per diverse settimane ed i dolori continuavano a colpirmi. Mina invece è in coma. Povera piccola, ha già dovuto soffrire a nove anni e adesso il male è tornato per farla soffrire di nuovo. Qui in ospedale tutti ci guardano male, diciamo pure che tutto il paese ci guarda male. Ora vi spiego il perché.
Dopo che siamo svenuti Carlo si è ripreso, e non riuscendo a spostarci entrambi, corse al paese a chiamare aiuti. Era talmente inpanicato che non si è accorto di essere completamente ricoperto di sangue, quello del terreno. Arrivato in paese chiamò la polizia che venne a prenderci. Soltanto che non c’erano solo il mio corpo e quello di mia sorella ma ce n’era anche un altro appartenete ad una ragazza, stuprata e decapitata. Perciò noi potremmo essere dei complici.
La morta non era Michy, le ho telefonato per sapere come stava e per dirle di stare attenta ma lei mi ha praticamente attaccato il telefono in faccia. Non è più la ragazza che era stata la mia tipa, è cambiata come è cambiato tutto il paese. L’inverno è sempre più vicino, sembra quasi che invece di portare al periodo bello del natale voglia portare ad un periodo di morte. La gente sta impazzendo, ho sentito che uno del liceo si è sparato davanti alla tipa che gli piaceva perché l’amava alla follia. Un altro giovane si è impiccato dopo essere stato lasciato dalla tipa. Sembra quasi che ci sia un collegamento tra l’amore che sta lasciando le persone e l’avvicinarsi della morte. Si respira un’aria d’intolleranza, delle persone sono state uccise solo perché erano dei gay o dei barboni, la gente è malfidente e continua ad incolpare il prossimo, gli innocenti sono incolpati, come Carlo. Lo hanno messo dentro perché dicono sia lui il nuovo stupratore. Stanno ancora decidendo se mia sorella ed io siamo complici o solo delle vittime. Ma credo che anche se fossimo dichiarati colpevoli nessuno oserebbe metterci dentro, nostro padre è troppo potente in questa città.
Dio, non riesco ad immaginarmi Carlo in carcere, spero tanto che quel posto non lo cambi, che le ninfe lo aiutino a superare questo. Spero che loro non siano morte. Spero che il bene possa ancora vincere.
7 dicembre: È da una settimana che sono fuori dall’ospedale, mi hanno tenuto dentro a lungo per farmi tutti i controlli e per tenermi sott’occhio. Ovviamente sono sano come un pesce, i miei dolori sono inspiegabili. Ogni giorno mi tocca andare da uno strizzacervelli, rompe un casino, ma non riuscirà mai a sapere cosa è successo nel bosco.
Ho chiesto di poter andare a trovare Carlo ma mi è stato vietato. Adesso che ci penso mi sento stupido ad averlo chiesto, cazzo mi sono messo in pericolo. Nella richiesta ho anche scritto che il motivo della visita è l’amicizia che c’é tra noi. Credo che mio padre abbia messo a tacere tutti quanti con un buon numero di mazzette perché tutti capirebbero che se Carlo è l’assassino, io il suo amico ritrovato vicino ad una vittima, la conseguenza logica è che siamo complici.
Ma per ora la gente mi chiama solamente povera vittima, e mi chiedono di Mina con affetto. Siamo considerati due poveri fratelli che si sono trovati a contatto con un criminale che credevano amico. Ora la gente ci accetta perché hanno potuto leggere la versione ufficiale dell’omicidio (quella rilasciata dalla polizia):
Carlo è ovviamente il colpevole, Mina ed io siamo gli amici che abbiamo scoperto qualcosa, così lui ci ha invitati nel bosco (tra l’altro è risaputo che Carlo circolava spesso nei boschi) per poi poterci uccidere. Lì ci tramortisce e va a prendere una tipa da stuprare e uccidere. Le taglia la testa e la mette vicino a me. Corre a chiamare la polizia per dire che ha trovato dei corpi distesi e crede che siano lo stupratore e una sua aiutante. I polini capiscono che è tutta una messa in scena per discolparsi e far mettere dentro Mina e me al posto del vero colpevole, Carlo.
La storia non regge, lo so, ma la gente ci crede, è questo il peggio. È diventata cieca e sorda alla verità come lo era stata dieci anni fa con Gigo.
Mi sento solo, mi mancano Michy, Mina e Carlo.
23 dicembre: Mia sorella è ancora in coma, oggi sono andata a trovarla, sembrava una ninfa, era lì che volava fra la vita e la morte, non parlava ed era bellissima. Mi sono messo a piangere, non ho mai amato mia sorella l’ho sempre odiata fino a quella sera in cui è arrivata in camera mia a chiedermi di ricordare il passato. Perché non ho mai crcato di conoscerla meglio? Perché non l’ho aiutata a vivere la morte del suo amico Gigo?
Mi sono rivisto come ero solo pochi mesi fa. Ero un bastardo vuoto, ero come la gente è diventata adesso. Non sopportavo gli omosessuali, i diversi, ero fissato con l’immagine di me stesso come centro del mondo, amavo una ragazza solamente per il sesso, e quando l’ho iniziata ad amare l’ho persa. Il male sta attaccando tutti la citta è sempre più malvagia. Le ninfe hanno dato la loro tristezza a tre persone felici che ora capiscono cosa é il bene, ma siamo tutti fuori combattimento. Non possiamo fare niente.
Tenevo le mani quasi gelide di Mina, il suo battito era molto lento, speravo che almeno fosse nel mondo delle ninfe e che fosse felice, ma improvvisamente la sua faccia si oscurò e come un morto si alzò dal letto gridando.
-È lui, è lui l’assassino-
Aveva lo sguardo fisso davanti a sé, era posseduta dal ricordo di un assasino di cui non rivedeva il volto. Chiese chi fosse l’asssassino. Lei continuava a gridare. Due infermieri entrarono, spingendomi fuori. La faccia di Mina era una maschera d’orrore, bava cominciò ad uscirle dalla bocca. Io tentavo di avvicinarmi a lei, ma gl’infermieri fecero forza per farmi uscire.
-Nostro padre, nostro padre, nostro…- gridò Mina prima di cadere all’indietro sul letto. Tutti i macchinari cominciarono a fare rumore ed a mostrare delle linee dritte: morte.
Io gridai ma una voce dentro di me disse: "Ascolta le ninfe, fa quello che ti dicono di fare."
Ma io non le sentivo la voce delle ninfe, non mi avevano mai detto niente tranne GRAZIE.
Grazie? Cosa significa? Non ebbi il tempo di capire, mio padre era di fronte a me.
-Vieni mi disse- e mi portò in macchina. Non si è fregato minimamente della figlia che era in ospedale ed era morta. Anzi aveva un sorrisino come per dire, una se n’è andata ora pensiamo a far fuori questo qui.
Il silenzio fra noi due gelava l’atmosfera nella macchina. Percorrevamo la cittadina in direzione di casa. Nella mente sentivo un continuo "chiedigli se é lui il colpevole". Ma non potevo chiedere questo a mio padre. Allora pensai di chiedere qualcosa di banale:
-Dove stiamo andando?-
-Da Michela-
-Perché?-
-Lo sai bene- e il sorriso che fece mi bastò per rispondere da solo alla domanda: "Lei sarà la prossima". Mio padre era l’uomo nero, Mina aveva riconosciuto l’assassino.
Mi buttai sul volante cercando di far schiantare la macchina, lui mi tirò un pugno che mi fece sbattere contro il mio finestrino. D’improvviso iniziò ad accellerare e io gli chiesi cosa stesse facendo.
-Vivere con la morte accanto é più bello non ti pare?- e ghignando mise in quinta e schiacciò completamente l’accelleratore. Una macchina verde stava venendo incontro sull’altra corsia. Lui si mise in contromano. L’altra macchina cercò di schivarci ma mio padre sterzò per beccarla frontalmente.
Le auto si accartocciarono come carta stagnola. È umanamente impossibile che io e mio padre sopravissimo all'incidente, ma in qualche modo ci ritrovammo fuori. Gli occupanti dell’altra auto, una coppia che stava tornando a casa, erano a pezzettini. Erano andati a comprare i regali per il loro figlioletto che era solo a casa ad aspettarli.
La gente usciva dalle case e cominciarono a stringersi intorno all’incidente, intorno a me ed a mio padre. Camminavano come degli Zombie e guardavano i corpi morti della coppia come se fosse giusto che loro fosseo mori.
Ma non si avvicinarono troppo a noi, avevano paura di mio padre. Ad essere sinceri non era proprio mio padre quello che avevo di fronte a me, il corpo era il suo ma non riconoscevo il modo di agire. E neanche il modo di parlare:
-Figlio deciditi, unisciti a noi e potrai vivere una vita senza problemi, senza perché. Un posto dove sai sempre quello che fai e perché lo fai, un mondo dove solo chi meritata di vivere ha il diritto d’esistere, un mondo dove sarai sempre ben accetto e dove non esiste il brutto e il bello ma solo una voglia di vivere bene insieme.-
-Se non volessi?-
-Farai la fine di Carlo, rinchiuso. Oppure la fine delle ragazze, di Gigo, di Mina o di tutti i giusti: la MORTE.-
-Chi non merita di vivere?-
-I diversi, le checche, i drogati, i barboni e tutta quella la gente inutile, gli uccieremo tutti. Sarà tutto più bello vedrai-
Era una situazione difficile, so che quello che diceva era sbagliato, ma in qualche modo aveva anche un suo fascino.
-Potrò uccidere delle persone?-
-Certo figliolo, tutte quelle che meritano di essere uccise.-
Stavo per accettare le idee di mio padre, stavo per abbandonare le ninfe, il bene e gli amici. Non riuscivo a trovare un senso per vivere in una vita dove c’è della diversità. Forse vivere senza le razze inferiori, senza i fannuloni e senza gli sballati era effettivamente il modo migliore per essere gioiosi. Ma nel fondo non n’ero convinto, mi sentivo ritornare quello che ero pochi mesi fa, un ragazzo stupido, indifferente, razzista e bastardo dentro.
Poi mi venne un’idea, l’unico metodo per ricordarmi le ninfe era Carlo, lui impersonava colui che me le aveva presentate, lui era come Gigo: il bene allo stato puro.
-Voglio uccidere Carlo, e voglio che tu m’aiuti.-
Mio padre sorrise:
-Figliolo tu si che sai ragionare, andiamo subito in prigione a farlo-
-No, lo voglio fare nella conca, nel bosco.-
-Perché proprio lì?-
-Perché è lì che lui ha tentato di portarmi nella strada sbagliata, quella in cui si tollera certa gente-
-Sia fatta la tua volontà figliolo.-
Tutta la gente si mise ad applaudire, ad osannarmi. Dicevano che ero un forte, che si vedeva che ero figlio di quello che comandava nella città. Probabilmente avete capito anche voi che non avevo nessunissima voglia di uccidere Carlo, ma avevo bisogno di lui e delle ninfe per cercare di mettere in ordine le cose in questa città.
Andammo nel bosco, solo io e mio padre. Lui continuava a blaterare su come sarebbe stata molto meglio la vita una volta che la feccia se ne fosse andata sotto terra.
Due poliziotti ci portarono Carlo. Papà ordinò loro di lasciarci soli.
-Cosa stai facendo- mi chiese il prigioniero.-
-Sto per ammazzarti lurido frocio, bastardo, così impari a baciarmi-
-Ehi, le ninfe l’hanno voluto, tu devi aiutarle.-
-Le ho aiutate uccidendole tutte, uccidendo mia sorella ed ora ucciderò te- e qui feci un sorriso cattivo come quello di mio padre. Deve essermi riuscito bene perché lui era tutto esaltato e lodava le mie parole ed i miei atteggiamenti.
-Prendi questo coltello.- Pà mi porse un coltello, lo presi e mi avvicinai a Carlo.
-Non farlo- mi supplicò e mio padre gli chiuse la bocca con un cazzotto che gli spaccò mezza faccia. Prese i capelli di Carlo e li tirò, così il prigioniero alzò il mento e la sua gola risplese nel buio del bosco.
-La gola è il punto più divertente, vedrai come ti sentirai bene dopo. Ho ucciso sette ragazze ed ogni volta è stata un’esperienza diversa. È una cosa che ti rende più forte, più uomo. Dobbiamo essere i più forti se vogliamo guadagnarci il diritto di vivere tra i migliori.-
Più mio padre parlava più il mio odio per lui cresceva. E più mi convinceva che era nel torto, pensai al bacio che ci siamo datti Carlo ed io. Quella è stata la volta che ho sentito che l’amore è la forza più potente che regna la nostra vita. Né io né lui siamo omosessuali, e lo sapevamo benissimo quando c'eravamo baciati. Non capisco cosa ci sia di male se due persone dello stesso sesso si baciano, è semplicemente la forza dell’amore che vuole farci capire che lei è l’unica che ci porta al bene. I gay vogliono solo la felicità e la cercano tra proprio sesso, altre persone la cercano nell’alcool, nelle droghe, ma comunque tutti loro, con o senza dei problemi, vogliono solo avere la possibilità d’amare. Tutti devono avere questa possibilità, e nessuno potrà mai giudicare chi sono questi "migliori" che hanno diritto di vivere, tutti hanno questo diritto, perché tutti in ogni luogo e con qualsiasi ideale siamo sempre uguali e viviamo per amare.
E con questi pensieri, con in mente le ninfe, mia sorella, Gigo e tutte le persone che in questo mondo di pregiudizzi erano stati capaci di dare amore e felicità, alzai gli occhi a mio padre e gli dissi:

-Se per vivere nel paradiso bisogna stare nel male, preferisco essere in un inferno dove regna il bene.-

e cacciai il coltello nel suo cuore.
E provai piacere nell’ucciderlo. Ho commesso il peccato più grave e ci ho provato gusto, per un momento ho pensato che per finire le idee di mio padre mi fossero entrate in testa, in fondo avevo tradito quello in cui credevo: avevo distrutto un ideale, quello del male.
Carlo si alzò e mi abbracciò, l’acqua cominciò a risalire dal terreno, trasparente e pura come era sempre stata, e le ninfe ricominciarono a volare intorno a noi.
Ogni tanto ripenso a quello che è successo. Sto cercando ancora di capire se andrò all’inferno per quello che ho fatto? Non me ne frega niente, l’importante è che ho salvato le ninfe, e che la città sia tornata come prima. Solita cittadina con i suoi soliti pettegolezzi, insulti ai diversi, discriminazione ecc, ecc. sapete bene anche voi cosa voglio descrivere. Ma almeno la morte è tornata a svolgere la sua normale amministrazione, tutti hanno la possibilità di vivere la propria vita e di decidere il proprio destino.
Michy è tornata quella di prima ed ora ci siamo rimessi assieme. Ancora oggi non so se renderla partecipe della storia che è capitata ai tre credenti alle ninfe. Ma se voglio essere una persona onesta e se la amo davvero credo che sia giusto dirglielo, forse le presenterò il lago.

Anche Carlo si è trovato una tipa, è la più bella ragazza d’Asciba: Mina. Le ninfe le hanno ridato la vita come ringraziamento per averle aiutate. Sono contento che lei sia assieme a Carlo, loro due hanno molto in comune e credo che Mina possa così avere nel suo cuore sempre il suo grande amore, Gigo.

Oggi siamo andati al lago tutti quanti, anche Michy. Ora siamo in quattro a sapere delle ninfe, e del loro amore che vive in ogni persona, e quando siamo in difficoltà, quando ci sentiamo tristi o soli, loro ci aiutano portandoci a dire:
Sono contento di vivere e di avere la possibilità d’AMARE.

Biasca, 23.02.00

©David Francescato 1997-2000


 | Titolo|Prefazione|1. Gigo|2. Lei|3. Suicidio|4. Storia di Natale|5. Ninfe|