Storia di Natale

Natale, un profumo di cera aleggiava nella casa. Luci colorate illuminavano il salotto dove Luca, un bambino di tre anni, stava giocando sotto l’albero addobbato. Teneva nelle sue manine paffutelle delle macchinine di vario genere. Ora alzava una Fiat panda rossa e la rimirava contro le lampadine. Dopo un attimo perse interesse in quella macchina e la lanciò in un angolo. Era stufo di macchinine, così si alzò e diede dei calci con le sue piccole ed instabili gambe. Rischiò di scivolare sulle ruote di un paio di queste ma la fortuna lo aiutò a stare in piedi. Iniziò ad esplorare la casa, era bello poiché era solo. La mamma non continuava a dirgli di stare attento e di non toccare questo o quello. Si arrampicò sulle poltrone con fatica ma, quando fu in piedi su di esse, era sorpreso di vedere l’ambiente circostante da un’altezza diversa. Forse dentro di se si sentiva come papà, era diventato grande, poteva guardare i suoi giocattoli sparsi per la casa e dominarli. Ora appartenevano ad un bambino e lui invece era sulla poltrona a controllare che nessuno le toccasse. Ma non c’era nessuno in casa che potesse toglierli da quello stato di disordine, perciò anche il gioco dei divani divenne noioso e scese.
Si diresse alla porta a vetri che dava al giardino e vide che all’esterno nevicava. Il suolo che era già coperto si stava alzando e fiocchi a sei punte scendevano lenti e tranquilli, Luca rimase incantato. Vide un gatto saltellare nella neve. L’animale non capiva perché stava sprofondando nella terra e ogni volta che una zampina s’inabissava, spiccava un salto in una regione di neve fresca che sembrava più solida ma che invece lo faceva sprofondare sempre più. Il micio raggiunse terraferma sotto una tettoia per la legna e lì si fermò a riflettere sull’esperienza appena vissuta su quella sostanza bianca.
Il bambino si girò verso un tavolo dove aveva visto una scodella trasparente che conteneva dei mandarini. Incominciò un’altra scalata e grazie alla fortuna dei piccoli non cadde né dalla sedia né dal tavolo. Prese in mano il mandarino con due mani. Lo portò alla bocca, ma il gusto non era buono allora lo lanciò, beccò il telefono facendolo cadere da un tavolino e la cornetta si alzò. Divertito il cucciolo aveva seguito la scena e quando dalla cornetta sentì arrivare un fievole "tut tut" iniziò anche lui fare quel rumore: tut tut, un sorriso gli si stampò sulla faccia. Prese delle noccioline dalla scodella e provò l’esperimento di metterle in bocca, pure queste non erano buone.Visto che non c’era nulla di buono in quella scatola di vetro decise che era inutile restare sul tavolo, ma appena vide l’altezza della sedia sotto di lui e il divario con il pavimento, non riuscì a scendere dalla paura come un micino su un albero. Lacrime cominciarono a scendere dalle sue guance, pensava già che sarebbe dovuto restare sul tavolo per il resto dei suoi giorni. Se mamma non tornava avrebbe avuto solo cibo non buono e non avrebbe più potuto giocare con le sue macchine che stavano lontane dall’altra parte del salotto, lontane ma soprattutto molto in basso.
Dopo un po’ la stanchezza lo fece addormentare.
Si svegliò dopo alcune ore. Era buio e la camera era rischiarata solamente da luci colorate. Mamma e papà non c’erano ed aveva fame, prese coraggio e scese dal tavolo. Quando arrivò a terra era contento di essersi salvato e si ripromise di non salire mai più su un tavolo. Ritornò alla finestra. Il gatto non c’era più ed aveva smesso di nevicare.
Aveva fame e voleva i suoi genitori, sapeva che in cucina ci sarebbe stato qualcosa di buono, ma lì non c’erano luci e sotto il tavolo, che lui intravedeva dalla porta del salotto, sembrava che ci fosse qualcuno. Chiuse la porta del salotto per paura che il buio arrivasse anche nella sala in cui era. Si avvicinò all’albero di natale passando davanti al telefono che continuava a fare il suo suono.
Sotto il pino si mise a guardare il presepe che era illuminato da luce gialla. La culla era ancora vuota e c’era Giuseppe e Maria che la osservavano meravigliati. C’erano pastori, pecorelle e angioletti con le trombe. Quei personaggi lo rallegravano. Dietro alla grotta vedeva tre personaggi con la corona che erano nascosti. E nascosto come loro c’era anche un bimbo con un’aureola d’oro che aveva le mani aperte. Luca volle prenderlo ma non ci riuscì perché era troppo in fondo al tavolino dell’albero. Si domandò perché il bambino si trovasse con quelle persone invece di stare nella culla con i suoi genitori.
D’un tratto ci fu un suono Dring, e il bambino che si era abituato alla quiete (interrotta dal tut tut) si spaventò e si mise a piangere. Bussarono alla porta che stava in un corridoio adiacente al salone. Dopo aver bussato varie volte ed aver suonato a lungo si udirono dei forti tonfi. Il bambino, che sentiva i rumori e non capiva che cosa succedesse, si mise a piangere a squarciagola e si rannicchiò sotto all’albero e al presepe. La porta di casa fu sfondata. Entrarono due poliziotti che seguirono il pianto del povero bambino. Un vigile lo vide, gli si avvicinò e disse:
-Ciao piccolo, vieni qui- lo prese in braccio- Per te questo non sarà un bel natale.-
Il vigile, dopo averlo calmato e dopo aver dialogato con il suo collega, portò fuori il bimbo e chiuse la casa.
E quella casa Luca non la rivide mai più.

©David Francescato 1997-2000


 | Titolo|Prefazione|1. Gigo|2. Lei|3. Suicidio|4. Storia di Natale|5. Ninfe|